Storia teatrale di Miriana Ronchetti iscritta come autrice alla SIAE con posizione autore 95069
Durata circa 60’ Personaggi : 8 ( Adattabile )
Trama
In Un Decamerone, liberamente tratto dalle novelle di Boccaccio, la struttura drammaturgica consiste in un fitto intreccio di storie che hanno in comune una tematica a sfondo DIVERTENTE con un gioco ricorrente di allusioni e azioni esplicite: il filo che le unisce è il solito girotondo di verità e bugia di sicuro impatto comico ma senza tralasciarne gli elementi più poetici. Lo spettacolo è strutturato su due binari paralleli su cui far muovere gli attori: il primo, principale e dilettevole, è quello del racconto attraverso il quale si dipanano le storie; l’altro, più evocativo ed essenziale, è il riflesso di uno specchio interiore più immerso in quella buia esistenza fatta di miseria e malattie dove è la verità, tanto bramata, a far da padrona.
L’aspetto più rivoluzionario del Decameron è la democratizzazione dell¹amore: questo sentimento non è più prerogativa solo degli animi nobili ma si estende anche agli animi più umili perché, secondo il Boccaccio, l’amore eleva tutti e tutto. L’ambientazione è popolare: sulla scena, povera e stilizzata, quasi un enorme stalla, i dodici protagonisti, vestiti con costumi rustici e colorati di tinte calde e passionali, si muovono, come in un “vaudeville medioevale”, travolti da sonorità mediterranee. Amore, dunque, come avventura sensuale, istinto sano, naturale e irrefrenabile, sublime o tragico, comunque sempre presente perché vitale, espressione di civiltà e gioia dell’esistenza.
ANTEPRIMA : LE PAPERE DI BOCCACCIO
M. mi piace in favor di me raccontare non una novella intera ma parte d’una, acciò che il suo difetto stesso sè mostri non esser di quelle;, dico che nella nostra città, , fu un cittadino, nominato Filippo Balducci, uomo di condizione assai leggiere, ma ricco e bene inviato ed esperto nelle cose quanto lo stato suo richiedea; e aveva una sua donna moglie, la quale egli sommamente amava, ed ella lui, e insieme in riposata vita si stavano,
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L- Padre mio, voi siete vecchio e potete male durare fatica; perché non mi menate voi una volta a Firenze, acciò che, io che son giovane e posso meglio faticar di voi, possa poscia pe’ nostri bisogni a Firenze andare, e voi rimanervi qui?
M.Il valente uomo, pensando che già questo suo figliuolo era grande, disse: – Costui dice bene – E avendovi ad andare in Firenze, seco il menò.
Quivi il giovane veggendo i palagi, le case, le chiese e tutte l’altre cose delle quali tutta la città piena si vede, sì come colui che mai più per ricordanza vedute non n’avea, si cominciò forte a maravigliare, e di molte domandava il padre che fossero e come si chiamassero.
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Sesta Giornata
Novella Quarta
Chichibio, cuoco di Currado Gianfigliazzi, con una presta parola a sua salute l’ira di Currado volge in riso, e sé campa dalla mala ventura minacciatagli da Currado.
M.Currado Gianfiglia sempre della nostra città è stato nobile cittadino, liberale e magnifico, e vita cavalleresca tenendo, continuamente in cani e in uccelli s’è dilettato, le sue opere maggiori al presente lasciando stare. Il quale con un suo falcone avendo un dì una gru ammazata, trovandola grassa e giovane, quella mandò ad un suo buon cuoco, il quale era chiamato Chichibio, ed era viniziano, e sì gli mandò dicendo che a cena l’arrostisse e governassela bene.
Chichibio, , acconcia la gru, la mise a fuoco e con sollicitudine a cuocerla cominciò. La quale essendo già presso che cotta grandissimo odor venendone, avvenne che una feminetta della contrada, la qual Brunetta era chiamata e di cui Chichibio era forte innamorato, entrò nella cucina; e sentendo l’odor della gru e veggendola, pregò caramente Chichibio che ne le desse una coscia.
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Sesta Giornata
Novella Decima
Frate Cipolla promette a certi contadini di mostrar loro la penna dell’agnolo Gabriello; in luogo della quale trovando carboni, quegli dice esser di quegli che arrostirono san Lorenzo.
Certaldo, , è un castel di Val d’Elsa, il quale, quantunque piccol sia, già di nobili uomini fu abitato; nel quale, per ciò che buona pastura vi trovava, usò un lungo tempo d’andare ogni anno una volta a ricoglier le limosine fatte loro dagli sciocchi un de’frati di santo Antonio, il cui nome era frate Cipolla, , con ciò sia cosa che quel terreno produca cipolle famose per tutta Toscana.
Era questo frate Cipolla di persona piccolo, di pelo rosso e lieto nel viso e il miglior brigante del mondo: e oltre a questo, niuna scienzia avendo, sì ottimo parlatore e pronto era, che chi conosciuto non l’avesse, non solamente un gran rettorico l’avrebbe stimato, ma avrebbe detto esser Tulio medesimo o forse Quintiliano: e quasi di tutti quegli della contrada era compare o amico o benivogliente.
Il quale, secondo la sua usanza, del mese d’agosto tra l’altre v’andò una volta, e una domenica mattina, essendo tutti i buoni uomini e le femine delle ville da torno venuti alla messa quando tempo gli ………
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Ma non per tanto, senza mutar colore, alzato il viso e le mani al cielo, disse sì che da tutti fu udito:
L- O Iddio, lodata sia sempre la tua potenzia!
M. Poi richiusa la cassetta e al popolo rivolto disse:
L- Signori e donne, voi dovete sapere che, essendo io ancora molto giovane, io fui mandato dal mio superiore in quelle parti dove apparisce il sole, e fummi commesso con espresso comandamento che io cercassi tanto che io trovassi i privilegi del Porcellana, li quali, molto più utili sono a altrui che a noi.
Per la qual cosa partendomi per lo Borgo de’Greci e di quindi per lo reame del Garbo cavalcando, pervenni in Parione, donde, non senza sete, dopo alquanto per venni in Sardigna. Io capitai, in paesi molto abitati; e di quindi pervenni in terra di Menzogna, dove molti de’nostri frati e d’altre religioni trovai assai, li quali tutti il disagio andavan per l’amor di Dio schifando, poco dell’altrui fatiche curandosi, dove la loro utilità vedessero seguitare, nulla altra moneta spendendo che senza conio per quei paesi: e quindi passai in terra d’Abruzzi, dove gli uomini e le femine vanno in zoccoli su ………….
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Ottava Giornata
Novella Terza
Calandrino, Bruno e Buffalmacco giù per lo Mugnone vanno cercando di trovar l’elitropia, e Calandrino se la crede aver trovata; tornasi a casa carico di pietre; la moglie il proverbia, ed egli turbato la batte, e a’suoi compagni racconta ciò che essi sanno meglio di lui.
L.Nella nostra città, la qual sempre di varie maniere e di nuove genti è stata abondevole, fu, ancora non è gran tempo, un dipintore chiamato Calandrino, uom semplice e di nuovi costumi, il quale il più del tempo con due altri dipintori usava, chiamati l’un Bruno e l’altro Buffalmacco, uomini sollazzevoli molto, ma per altro avveduti e sagaci, li quali con Calandrino usavan per ciò che de’modi suoi e della sua simplicità sovente gran festa prendevano.
Era similmente allora in Firenze un giovane di maravigliosa piacevolezza, in ciascuna cosa che far voleva astuto e avvenevole, chiamato Maso del Saggio; che udendo alcune cose della simplicità
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Quarta Giornata
Novella Quinta
I fratelli dell’Isabetta uccidon l’amante di lei; egli l’apparisce in sogno e mostrale dove sia sotterrato. Ella occultamente disotterra la testa e mettela in un testo di bassilico; e quivi su piagnendo ogni dì per una grande ora, i fratelli gliele tolgono, ed ella se ne muore di dolore poco appresso.
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